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31 Stavano gia cercando di ucciderlo, quando fu riferito al tribuno della coorte che tutta Gerusalemme era in rivolta. 32 Immediatamente egli prese con sé dei soldati e dei centurioni e si precipitò verso i rivoltosi. Alla vista del tribuno e dei soldati, cessarono di percuotere Paolo. 33 Allora il tribuno si avvicinò, lo arrestò e ordinò che fosse legato con due catene; intanto s'informava chi fosse e che cosa avesse fatto. 34 Tra la folla però chi diceva una cosa, chi un'altra. Nell'impossibilità di accertare la realtà dei fatti a causa della confusione, ordinò di condurlo nella fortezza. 35 Quando fu alla gradinata, dovette essere portato a spalla dai soldati a causa della violenza della folla. 36 La massa della gente infatti veniva dietro, urlando: «A morte!».

37 Sul punto di esser condotto nella fortezza, Paolo disse al tribuno: «Posso dirti una parola?». «Conosci il greco?, disse quello, 38 Allora non sei quell'Egiziano che in questi ultimi tempi ha sobillato e condotto nel deserto i quattromila ribelli?». 39 Rispose Paolo: «Io sono un Giudeo di Tarso di Cilicia, cittadino di una città non certo senza importanza. Ma ti prego, lascia che rivolga la parola a questa gente». 40 Avendo egli acconsentito, Paolo, stando in piedi sui gradini, fece cenno con la mano al popolo e, fattosi un grande silenzio, rivolse loro la parola in ebraico dicendo:

Arringa di Paolo ai Giudei di Gerusalemme

22 «Fratelli e padri, ascoltate la mia difesa davanti a voi». Quando sentirono che parlava loro in lingua ebraica, fecero silenzio ancora di più. Ed egli continuò: «Io sono un Giudeo, nato a Tarso di Cilicia, ma cresciuto in questa città, formato alla scuola di Gamaliele nelle più rigide norme della legge paterna, pieno di zelo per Dio, come oggi siete tutti voi. Io perseguitai a morte questa nuova dottrina, arrestando e gettando in prigione uomini e donne, come può darmi testimonianza il sommo sacerdote e tutto il collegio degli anziani. Da loro ricevetti lettere per i nostri fratelli di Damasco e partii per condurre anche quelli di là come prigionieri a Gerusalemme, per essere puniti.

Mentre ero in viaggio e mi avvicinavo a Damasco, verso mezzogiorno, all'improvviso una gran luce dal cielo rifulse attorno a me; caddi a terra e sentii una voce che mi diceva: Saulo, Saulo, perché mi perseguiti? Risposi: Chi sei, o Signore? Mi disse: Io sono Gesù il Nazareno, che tu perseguiti. Quelli che erano con me videro la luce, ma non udirono colui che mi parlava. 10 Io dissi allora: Che devo fare, Signore? E il Signore mi disse: Alzati e prosegui verso Damasco; là sarai informato di tutto ciò che è stabilito che tu faccia. 11 E poiché non ci vedevo più, a causa del fulgore di quella luce, guidato per mano dai miei compagni, giunsi a Damasco.

12 Un certo Anania, un devoto osservante della legge e in buona reputazione presso tutti i Giudei colà residenti, 13 venne da me, mi si accostò e disse: Saulo, fratello, torna a vedere! E in quell'istante io guardai verso di lui e riebbi la vista. 14 Egli soggiunse: Il Dio dei nostri padri ti ha predestinato a conoscere la sua volontà, a vedere il Giusto e ad ascoltare una parola dalla sua stessa bocca, 15 perché gli sarai testimone davanti a tutti gli uomini delle cose che hai visto e udito. 16 E ora perché aspetti? Alzati, ricevi il battesimo e lavati dai tuoi peccati, invocando il suo nome.

17 Dopo il mio ritorno a Gerusalemme, mentre pregavo nel tempio, fui rapito in estasi 18 e vidi Lui che mi diceva: Affrettati ed esci presto da Gerusalemme, perché non accetteranno la tua testimonianza su di me. 19 E io dissi: Signore, essi sanno che facevo imprigionare e percuotere nella sinagoga quelli che credevano in te; 20 quando si versava il sangue di Stefano, tuo testimone, anch'io ero presente e approvavo e custodivo i vestiti di quelli che lo uccidevano. 21 Allora mi disse: Và, perché io ti manderò lontano, tra i pagani».

Paolo, cittadino romano

22 Fino a queste parole erano stati ad ascoltarlo, ma allora alzarono la voce gridando: «Toglilo di mezzo; non deve più vivere!». 23 E poiché continuavano a urlare, a gettar via i mantelli e a lanciar polvere in aria, 24 il tribuno ordinò di portarlo nella fortezza, prescrivendo di interrogarlo a colpi di flagello al fine di sapere per quale motivo gli gridavano contro in tal modo.

25 Ma quando l'ebbero legato con le cinghie, Paolo disse al centurione che gli stava accanto: «Potete voi flagellare un cittadino romano, non ancora giudicato?». 26 Udito ciò, il centurione corse a riferire al tribuno: «Che cosa stai per fare? Quell'uomo è un romano!». 27 Allora il tribuno si recò da Paolo e gli domandò: «Dimmi, tu sei cittadino romano?». Rispose: «Sì». 28 Replicò il tribuno: «Io questa cittadinanza l'ho acquistata a caro prezzo». Paolo disse: «Io, invece, lo sono di nascita!». 29 E subito si allontanarono da lui quelli che dovevano interrogarlo. Anche il tribuno ebbe paura, rendendosi conto che Paolo era cittadino romano e che lui lo aveva messo in catene.

Comparsa davanti al sinedrio

30 Il giorno seguente, volendo conoscere la realtà dei fatti, cioè il motivo per cui veniva accusato dai Giudei, gli fece togliere le catene e ordinò che si riunissero i sommi sacerdoti e tutto il sinedrio; vi fece condurre Paolo e lo presentò davanti a loro.

23 Con lo sguardo fisso al sinedrio Paolo disse: «Fratelli, io ho agito fino ad oggi davanti a Dio in perfetta rettitudine di coscienza». Ma il sommo sacerdote Anania ordinò ai suoi assistenti di percuoterlo sulla bocca. Paolo allora gli disse: «Dio percuoterà te, muro imbiancato! Tu siedi a giudicarmi secondo la legge e contro la legge comandi di percuotermi?». E i presenti dissero: «Osi insultare il sommo sacerdote di Dio?». Rispose Paolo: «Non sapevo, fratelli, che è il sommo sacerdote; sta scritto infatti: Non insulterai il capo del tuo popolo».

Paolo sapeva che nel sinedrio una parte era di sadducei e una parte di farisei; disse a gran voce: «Fratelli, io sono un fariseo, figlio di farisei; io sono chiamato in giudizio a motivo della speranza nella risurrezione dei morti». Appena egli ebbe detto ciò, scoppiò una disputa tra i farisei e i sadducei e l'assemblea si divise. I sadducei infatti affermano che non c'è risurrezione, né angeli, né spiriti; i farisei invece professano tutte queste cose. Ne nacque allora un grande clamore e alcuni scribi del partito dei farisei, alzatisi in piedi, protestavano dicendo: «Non troviamo nulla di male in quest'uomo. E se uno spirito o un angelo gli avesse parlato davvero?». 10 La disputa si accese a tal punto che il tribuno, temendo che Paolo venisse linciato da costoro, ordinò che scendesse la truppa a portarlo via di mezzo a loro e ricondurlo nella fortezza. 11 La notte seguente gli venne accanto il Signore e gli disse: «Coraggio! Come hai testimoniato per me a Gerusalemme, così è necessario che tu mi renda testimonianza anche a Roma».

Complotto dei Giudei contro Paolo

12 Fattosi giorno, i Giudei ordirono una congiura e fecero voto con giuramento esecratorio di non toccare né cibo né bevanda, sino a che non avessero ucciso Paolo. 13 Erano più di quaranta quelli che fecero questa congiura. 14 Si presentarono ai sommi sacerdoti e agli anziani e dissero: «Ci siamo obbligati con giuramento esecratorio di non assaggiare nulla sino a che non avremo ucciso Paolo. 15 Voi dunque ora, insieme al sinedrio, fate dire al tribuno che ve lo riporti, col pretesto di esaminare più attentamente il suo caso; noi intanto ci teniamo pronti a ucciderlo prima che arrivi».

16 Ma il figlio della sorella di Paolo venne a sapere del complotto; si recò alla fortezza, entrò e ne informò Paolo. 17 Questi allora chiamò uno dei centurioni e gli disse: «Conduci questo giovane dal tribuno, perché ha qualche cosa da riferirgli». 18 Il centurione lo prese e lo condusse dal tribuno dicendo: «Il prigioniero Paolo mi ha fatto chiamare e mi ha detto di condurre da te questo giovanetto, perché ha da dirti qualche cosa». 19 Il tribuno lo prese per mano, lo condusse in disparte e gli chiese: «Che cosa è quello che hai da riferirmi?». 20 Rispose: «I Giudei si sono messi d'accordo per chiederti di condurre domani Paolo nel sinedrio, col pretesto di informarsi più accuratamente nei suoi riguardi. 21 Tu però non lasciarti convincere da loro, poiché più di quaranta dei loro uomini hanno ordito un complotto, facendo voto con giuramento esecratorio di non prendere cibo né bevanda finché non l'abbiano ucciso; e ora stanno pronti, aspettando che tu dia il tuo consenso».

22 Il tribuno congedò il giovanetto con questa raccomandazione: «Non dire a nessuno che mi hai dato queste informazioni».

Trasferimento di Paolo a Cesarea

23 Fece poi chiamare due dei centurioni e disse: «Preparate duecento soldati per andare a Cesarèa insieme con settanta cavalieri e duecento lancieri, tre ore dopo il tramonto. 24 Siano pronte anche delle cavalcature e fatevi montare Paolo, perché sia condotto sano e salvo dal governatore Felice». 25 Scrisse anche una lettera in questi termini: 26 «Claudio Lisia all'eccellentissimo governatore Felice, salute. 27 Quest'uomo è stato assalito dai Giudei e stava per essere ucciso da loro; ma sono intervenuto con i soldati e l'ho liberato, perché ho saputo che è cittadino romano. 28 Desideroso di conoscere il motivo per cui lo accusavano, lo condussi nel loro sinedrio. 29 Ho trovato che lo si accusava per questioni relative alla loro legge, ma che in realtà non c'erano a suo carico imputazioni meritevoli di morte o di prigionia. 30 Sono stato però informato di un complotto contro quest'uomo da parte loro, e così l'ho mandato da te, avvertendo gli accusatori di deporre davanti a te quello che hanno contro di lui. Stà bene».

31 Secondo gli ordini ricevuti, i soldati presero Paolo e lo condussero di notte ad Antipàtride. 32 Il mattino dopo, lasciato ai cavalieri il compito di proseguire con lui, se ne tornarono alla fortezza. 33 I cavalieri, giunti a Cesarèa, consegnarono la lettera al governatore e gli presentarono Paolo. 34 Dopo averla letta, domandò a Paolo di quale provincia fosse e, saputo che era della Cilicia, disse: 35 «Ti ascolterò quando saranno qui anche i tuoi accusatori». E diede ordine di custodirlo nel pretorio di Erode.

Il processo davanti a Felice

24 Cinque giorni dopo arrivò il sommo sacerdote Anania insieme con alcuni anziani e a un avvocato di nome Tertullo e si presentarono al governatore per accusare Paolo. Quando questi fu fatto venire, Tertullo cominciò l'accusa dicendo: «La lunga pace di cui godiamo grazie a te e le riforme che ci sono state in favore di questo popolo grazie alla tua provvidenza, le accogliamo in tutto e per tutto, eccellentissimo Felice, con profonda gratitudine. Ma per non trattenerti troppo a lungo, ti prego di darci ascolto brevemente nella tua benevolenza. Abbiamo scoperto che quest'uomo è una peste, fomenta continue rivolte tra tutti i Giudei che sono nel mondo ed è capo della setta dei Nazorei. Ha perfino tentato di profanare il tempio e noi l'abbiamo arrestato. . Interrogandolo personalmente, potrai renderti conto da lui di tutte queste cose delle quali lo accusiamo». Si associarono nell'accusa anche i Giudei, affermando che i fatti stavano così.

Discorso di Paolo davanti al governatore romano

10 Quando il governatore fece cenno a Paolo di parlare, egli rispose: «So che da molti anni sei giudice di questo popolo e parlo in mia difesa con fiducia. 11 Tu stesso puoi accertare che non sono più di dodici giorni da quando mi sono recato a Gerusalemme per il culto. 12 Essi non mi hanno mai trovato nel tempio a discutere con qualcuno o a incitare il popolo alla sommossa, né nelle sinagoghe, né per la città 13 e non possono provare nessuna delle cose delle quali ora mi accusano. 14 Ammetto invece che adoro il Dio dei miei padri, secondo quella dottrina che essi chiamano setta, credendo in tutto ciò che è conforme alla Legge e sta scritto nei Profeti, 15 nutrendo in Dio la speranza, condivisa pure da costoro, che ci sarà una risurrezione dei giusti e degli ingiusti. 16 Per questo mi sforzo di conservare in ogni momento una coscienza irreprensibile davanti a Dio e davanti agli uomini. 17 Ora, dopo molti anni, sono venuto a portare elemosine al mio popolo e per offrire sacrifici; 18 in occasione di questi essi mi hanno trovato nel tempio dopo che avevo compiuto le purificazioni. Non c'era folla né tumulto. 19 Furono dei Giudei della provincia d'Asia a trovarmi, e loro dovrebbero comparire qui davanti a te ad accusarmi, se hanno qualche cosa contro di me; 20 oppure dicano i presenti stessi quale colpa han trovato in me quando sono comparso davanti al sinedrio, 21 se non questa sola frase che gridai stando in mezzo a loro: A motivo della risurrezione dei morti io vengo giudicato oggi davanti a voi!».

La cattività di Paolo a Cesarea

22 Allora Felice, che era assai bene informato circa la nuova dottrina, li rimandò dicendo: «Quando verrà il tribuno Lisia, esaminerò il vostro caso».

31 Stavano per ucciderlo, quando il tribuno della guarnigione romana fu informato che Gerusalemme era in pieno caos. 32 Prese con sé soldati e centurioni e si precipitò immediatamente verso la folla. Quando videro il tribuno e i soldati avvicinarsi, i Giudei smisero di picchiare Paolo. 33 Allora il tribuno fece arrestare Paolo e ordinò che fosse legato con doppia catena. Poi chiese chi fosse e che cosa avesse fatto. 34 Tra la folla, chi gridava una cosa e chi unʼaltra. Il tribuno, rendendosi conto, che in tutta quella confusione, non riusciva a sapere niente di certo, ordinò di condurre Paolo alla fortezza.

35 Giunti alla scalinata della fortezza, per proteggerlo dalla violenza della folla, i soldati dovettero portarlo sulle spalle. 36 La teppaglia intanto, li seguiva gridando: «A morte, a morte!»

37-38 Mentre stava entrando, Paolo disse al tribuno: «Posso parlarti un momento?» «Parli il greco?» chiese lʼaltro sorpreso. «Non sei, per caso, quellʼEgiziano che tempo fa ha guidato una rivolta e portò quei quattromila briganti nel deserto?»

39 «No», rispose Paolo, «io sono giudeo di Tarso, una città abbastanza importante della Cilicia. Permettimi, ti prego, di parlare a questa gente».

Paolo specifica la sua posizione

40 Il tribuno acconsentì. Allora Paolo, in piedi sulla scalinata, fece cenno alla gente di calmarsi. Subito si fece silenzio, e Paolo in lingua ebraica, parlò così:

22 «Fratelli e padri, ascoltate quello che sto per dirvi in mia difesa». Quando sentirono che parlava in ebraico, il silenzio si fece ancora più profondo. «Io sono ebreo», continuò Paolo, «sono nato a Tarso una città della Cilicia, ma fui allevato qui, a Gerusalemme. Ho fatto i miei studi sotto Gamaliele, da cui ho imparato a seguire con attenzione le leggi e le tradizioni ebraiche. Ho cercato di fare tutto ciò che mi era possibile per la causa di Dio, proprio come fate voi oggi. Per questo ho perseguitato i cristiani, li ho messi a morte, li ho fatti gettare in prigione, sia uomini che donne! Il sommo sacerdote e tutti gli altri capi del popolo possono testimoniare. A loro infatti chiesi delle lettere per i capi giudei di Damasco, lettere che mi autorizzavano a portare a Gerusalemme tutti i cristiani che trovavo, perché fossero puniti.

Ma durante il viaggio, verso mezzogiorno, prima di entrare a Damasco, ecco che improvvisamente una gran luce venne dal cielo. Caddi a terra, e sentii una voce che mi diceva: “Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?”

Io chiesi: “Chi sei, Signore?” “Sono Gesù di Nazaret, quello che stai perseguitando”, rispose la voce. Gli uomini che erano con me avevano visto la luce, ma non sentirono la voce che mi parlava.

10 “Che devo fare, Signore?” domandai allora. E il Signore mi disse “Àlzati e vaʼ a Damasco, là ti sarà detto tutto quello che voglio da te”.

11 Mi alzai, e siccome non vedevo più niente per la luce fortissima che mi aveva colpito, dovetti essere guidato per mano dai miei compagni fino a Damasco. 12 Allora venne da me un certo Ananìa, un uomo timorato di Dio, rispettoso della legge di Mosè e ben visto da tutti i Giudei di Damasco. 13 Ananìa, standomi vicino, mi disse: “Fratello Paolo, recupera la vista!” E proprio in quel momento riacquistai la vista e lo vidi.

14 Poi mi disse: “Il Dio dei nostri antenati ti ha scelto perché tu conosca la sua volontà, perché tu veda il Giusto e ascolti la sua voce. 15 Tu porterai ovunque il suo messaggio e racconterai a tutti ciò che hai visto e udito. 16 Che cosa aspetti adesso? Vaʼ a farti battezzare e invoca il nome del Signore, così sarai purificato dai tuoi peccati!” 17-18 Allora ritornai a Gerusalemme. Il giorno dopo il mio ritorno, mentre pregavo nel tempio, fui rapito in spirito ed ebbi una visione del Signore che mi diceva: “Svelto, parti da Gerusalemme, perché la gente non ti crederà, quando porterai il mio messaggio”.

19 “Ma, Signore”, replicai io, “tutti sanno che facevo gettare in prigione e frustare nelle sinagoghe quelli che credono in te. 20 E quando Stefano, tuo testimone, fu ucciso, dʼaccordo con gli altri, cʼero anchʼio, che tenevo i mantelli di quelli che lo uccidevano”.

21 Ma il Signore mi disse: “Parti da Gerusalemme, perché ti manderò lontano, dagli stranieri”.»

22 La folla ascoltò Paolo fino a questo punto, ma poi, ad una voce, tutti cominciarono a gridare: «A morte questʼuomo! Uccidetelo, non merita di vivere!» 23 Gridando, lanciavano i mantelli per aria, e gettavano manciate di polvere.

24 Allora il tribuno ordinò di portare Paolo nella fortezza e di frustarlo a sangue per fargli confessare la ragione per cui gli Ebrei lʼavevano tanto con lui.

25 Ma mentre veniva legato per essere frustato, Paolo si rivolse al centurione lì presente e gli domandò: «Siete autorizzati a frustare un cittadino romano, senza neppure un processo?»

26 Il centurione corse subito dal tribuno, per avvertirlo: «Ma lo sai che cosa stai facendo? Quellʼuomo è cittadino romano!» esclamò.

27 Allora il tribuno si avvicinò a Paolo e gli chiese: «Dimmi, sei davvero cittadino romano?»

«Certo che lo sono!» rispose Paolo. 28 «Lo sono anchʼio», replicò il tribuno, «a me questa cittadinanza è costata una fortuna!»

«Io, invece, sono cittadino romano dalla nascita!» precisò Paolo.

29 A queste parole, i soldati, che poco prima erano pronti a frustarlo, scomparvero alla chetichella. Anche il tribuno, sentendo che era un cittadino romano, ebbe paura, perché lo aveva fatto legare.

Paolo davanti al tribunale ebraico

30 Il giorno dopo, volendo sapere esattamente di cosa lʼaccusassero i Giudei, il tribuno lo fece liberare dalle catene, e ordinò ai capi sacerdoti e a tutti i membri del tribunale ebraico di riunirsi. Poi fece portare Paolo davanti a loro.

23 Con gli occhi fissi su di loro, Paolo disse: «Fratelli, fino ad oggi ho vissuto la mia vita in buona coscienza davanti a Dio». A queste parole, il sommo sacerdote Ananìa ordinò a quelli che gli stavano vicino di colpirlo sulla bocca. Allora Paolo reagì:

«Sarà Dio a colpire te, specie di muro imbiancato, che non sei altro! Che razza di giudice sei, se tu stesso infrangi la legge, ordinando di picchiarmi così?»

I presenti dissero a Paolo: «È questo il modo di parlare al sommo sacerdote di Dio?»

Allora Paolo disse: «Non sapevo che fosse il sommo sacerdote, fratelli. So bene che le Scritture dicono: “Non offendere il capo del tuo popolo”

Poi a Paolo venne unʼidea. Sapendo che il tribunale era composto in parte da Sadducei e in parte da Farisei, gridò: «Fratelli, io sono Fariseo, come tutti i miei antenati! E oggi devo subire questo processo, perché credo nella resurrezione dei morti!»

Non aveva ancora finito di parlare che subito nacque una lite fra Farisei e Sadducei. I Sadducei infatti dicono che non cʼè resurrezione, e neppure angeli o spiriti, mentre i Farisei credono in tutte queste cose.

Immaginate la confusione! Alcuni scribi del partito dei Farisei saltarono su a protestare che Paolo aveva ragione. «Secondo noi questʼuomo non ha fatto niente di male!» gridavano. «E se uno spirito o un angelo gli avesse davvero parlato?»

10 Tanta era la confusione che il tribuno, temendo che facessero a pezzi Paolo, comandò ai soldati di scendere nellʼassemblea per portarlo via con la forza, e di rinchiuderlo di nuovo in fortezza.

11 Quella notte, il Signore apparve a Paolo e gli disse: «Non avere paura, Paolo! Come hai parlato di me davanti a questa gente di Gerusalemme, bisogna che tu lo faccia anche a Roma».

12-13 Il mattino seguente, una quarantina di Giudei si riunirono e fecero giuramento di non mangiare né bere, finché non avessero ucciso Paolo. 14 Poi andarono dai capi sacerdoti e lʼinformarono del voto. 15 «Voi, dunque, dʼaccordo col tribunale ebraico, andate a chiedere al tribuno di riportare qui Paolo», dissero. «Il pretesto potrebbe essere che volete esaminare meglio il suo caso; e noi, prima che arrivi, lo uccideremo».

16 Ma la congiura giunse allʼorecchio di un nipote di Paolo che si precipitò alla fortezza e gli riferì tutto.

17 Allora Paolo chiamò uno dei centurioni e gli disse: «Porta questo ragazzo dal comandante. Ha qualcosa di importante da dirgli!»

18 Lʼaltro prese con sé il ragazzo e lo portò dal tribuno. «Quel prigioniero, Paolo», spiegò il centurione, «mi ha fatto chiamare e mi ha pregato di condurre da te questo giovane, che ha qualcosa da dirti».

19 Il tribuno, allora, prese il giovane per mano e, in disparte, gli chiese: «Che cosʼhai da dirmi?»

20 «Domani», spiegò il ragazzo, «i Giudei ti chiederanno di portare Paolo davanti al loro tribunale, col pretesto di volerlo interrogare di nuovo. 21 Ma tu non crederci, perché più di quaranta di loro vogliono tendergli un agguato e hanno giurato di non mangiare né bere, finché non lʼavranno ucciso. Ora se ne stanno qui fuori e non aspettano altro che il tuo consenso!»

22 «Non parlare con anima viva di ciò che mi hai detto», si raccomandò il tribuno, mentre il ragazzo usciva. 23-24 Poi chiamò due suoi centurioni. «Tenete pronti duecento soldati», ordinò, «partirete per Cesarèa stasera alle nove! Prendete duecento lancieri e settanta cavalieri. Poi fate preparare un cavallo per Paolo e portatelo in salvo dal governatore Felice».

25 Scrisse poi questa lettera per il governatore:

26 «Claudio Lisia saluta Sua Eccellenza il Governatore Felice.

27 Questʼuomo che ti mando era stato preso dai Giudei e stavano per ucciderlo, quando ho mandato i miei soldati a difenderlo, perché avevo saputo che era cittadino romano. 28 Siccome volevo sapere di cosa lʼaccusavano, lʼho portato davanti al loro tribunale.

29 Ben presto ho scoperto che lʼaccusa riguardava certe questioni della loro legge: di certo, niente che meritasse la morte o la prigione. 30 Ma, quando mi è stato riferito che gli Ebrei volevano tendergli un agguato per ucciderlo, ho deciso di mandarlo da te. Dirò ai suoi accusatori di rivolgersi a te per presentare le loro accuse».

31 Così quella notte, secondo gli ordini ricevuti, i soldati portarono Paolo fino ad Antipàtride. 32 Il mattino dopo, lasciato Paolo con i cavalieri, che lo avrebbero scortato fino a Cesarèa, i soldati se ne tornarono alla fortezza.

33 Quando giunsero a Cesarèa, i cavalieri consegnarono la lettera al governatore e gli presentarono Paolo. 34 Egli la lesse, poi chiese a Paolo da dove venisse.

«Dalla Cilicia», rispose lui.

35 «Seguirò il tuo caso fino in fondo, quando arriveranno i tuoi accusatori», disse il governatore. Poi ordinò che fosse rinchiuso nella prigione del palazzo di Erode.

Paolo davanti ai Romani

24 Cinque giorni dopo, il sommo sacerdote Ananìa arrivò accompagnato da alcuni Giudei e da un avvocato, Tertullo dal Ponto. Si presentarono tutti davanti al governatore per accusare Paolo. Dopo che ebbero mandato a chiamare Paolo, Tertullo cominciò così la sua accusa:

«Eccellentissimo Felice, riconosciamo con profonda gratitudine che tu hai dato a noi Giudei pace e tranquillità, per non parlare delle riforme che hai fatto per il bene di questa nazione. Ma non voglio annoiarti, e ti chiedo soltanto un momento di attenzione per presentarti i nostri capi dʼaccusa contro questʼuomo. Secondo il nostro parere, costui è un individuo pericoloso. Provoca rivolte fra tutti i Giudei sparsi nel mondo. È capo della setta dei Nazareni, ed ha perfino tentato di profanare il tempio, perciò noi lo abbiamo arrestato.

Gli avremmo dato ciò che si merita, ma è intervenuto Lisia, tribuno della guarnigione, e ce lʼha tolto di mano, dicendo che deve essere giudicato secondo la legge romana. Interrogalo tu stesso e saprai direttamente da lui che le nostre accuse rispondono a verità!»

Tutti gli altri Giudei si unirono a Tertullo, dicendo che le cose stavano proprio così.

10 Poi fu la volta di Paolo. Il governatore gli fece cenno di alzarsi e parlare.

Paolo cominciò: «So bene, signore, che già da molti anni tu governi questo paese, perciò parlo in mia difesa con maggior fiducia. 11 Non ti ci vuole molto per sapere che sono arrivato a Gerusalemme soltanto dodici giorni fa per adorare Dio nel tempio. 12 Nessuno mi ha mai visto provocare rivolte, né alla sinagoga, né per le strade della città. 13 Perciò questi uomini non possono provarti le cose di cui ora mi accusano.

14 Una cosa, però, devo confessare, e cioè che credendo nella via della salvezza, in quella dottrina che essi chiamano setta, io servo il Dio dei nostri antenati. Io credo a tutte le cose che sono scritte nei libri di Mosè e dei profeti. 15 Proprio come i miei accusatori, credo anchʼio che ci sarà una resurrezione, sia dei giusti che deglʼingiusti. 16 Per questo faccio sempre del mio meglio per mantenere la mia coscienza pulita, sia davanti a Dio che davanti agli uomini.

17 Dopo parecchi anni dʼassenza, sono tornato a Gerusalemme per portare un poʼ di denaro per aiutare i Giudei e per offrire dei sacrifici a Dio. 18 Mentre stavo appunto offrendo questi sacrifici, 19 cʼerano nel tempio alcuni Giudei della provincia dʼAsia; ma non si era riunita gente, né cʼerano disordini di sorta. Eventualmente, sarebbe toccato a loro presentarsi da te per accusarmi, se avevano qualcosa contro di me. 20 Oppure, lo dicano questi che sono qui ora, se il loro tribunale mi ha trovato colpevole di qualche reato. 21 A meno che non mi attribuiscano come colpa lʼunica cosa che ho detto fra loro, e cioè: “Oggi io vengo processato, perché credo alla resurrezione dei morti!”»

22 Felice, che era molto bene informato sulla fede cristiana, rimandò il processo allʼarrivo del tribuno Lisia. «Quando arriverà Lisia, esaminerò a fondo questo caso», disse.

31 Ora, mentre essi cercavano di ucciderlo, al tribuno della coorte giunse la notizia che tutta Gerusalemme era sottosopra.

32 Immediatamente egli, presi dei soldati e dei centurioni, corse verso di loro. E questi, visto il tribuno e i soldati, smisero di battere Paolo.

33 Allora il tribuno, avvicinatosi, lo prese e comandò che fosse legato con due catene, poi domandò chi fosse e che cosa avesse fatto.

34 Tra la folla gli uni gridavano una cosa e gli altri un'altra; non potendo perciò sapere nulla di certo per il tumulto, comandò che fosse condotto nella fortezza.

35 Quando arrivò alla gradinata, egli dovette essere portato dai soldati per la violenza della folla,

36 perché la massa del popolo lo seguiva, gridando: «A morte».

37 Mentre Paolo stava per essere introdotto nella fortezza, disse al tribuno: «Mi è lecito dirti qualcosa?». Quegli rispose: «Sai il greco?

38 Non sei tu quell'Egiziano che tempo fa insorse e condusse nel deserto quei quattromila briganti?».

39 Ma Paolo disse: «Io sono un Giudeo di Tarso, cittadino di quella non oscura città di Cilicia; or ti prego di lasciarmi parlare al popolo».

40 Avendoglielo permesso, Paolo, stando in piedi sopra la gradinata, fece cenno con la mano al popolo. E, fattosi un gran silenzio, parlò in lingua ebraica dicendo:

22 «Fratelli e padri, ascoltate ciò che ora vi dico a mia difesa».

Nell'udire che parlava loro in lingua ebraica, fecero ancor piú silenzio. Poi disse:

«In verità io sono un Giudeo, nato in Tarso di Cilicia e allevato in questa città ai piedi di Gamaliele, educato nella rigorosa osservanza della legge dei padri, pieno di zelo di Dio, come oggi lo siete voi tutti;

io ho perseguitato fino alla morte questa Via, legando e mettendo in prigione uomini e donne,

come mi sono testimoni il sommo sacerdote e tutto il sinedrio, degli anziani, dai quali avendo anche ricevuto lettere per i fratelli, mi recavo a Damasco per condurre prigionieri a Gerusalemme anche quelli che erano là, perché fossero puniti.

Or avvenne che, mentre io ero in cammino e mi avvicinavo a Damasco, intorno a mezzogiorno, all'improvviso una gran luce dal cielo mi folgorò d'intorno.

Ed io caddi a terra e udii una voce che mi diceva: "Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?".

Io risposi: "Chi sei, Signore?" Egli mi disse: "Io sono Gesú il Nazareno, che tu perseguiti".

Or quelli che erano con me videro sí la luce e furono spaventati, ma non udirono la voce di colui che mi parlava.

10 Io dissi: "Signore, che devo fare?" Il Signore mi disse: "Alzati e va' a Damasco, là ti sarà annunziato tutto quello che ti è ordinato di fare"

11 Ora, siccome io non vedevo nulla per lo splendore di quella luce, fui condotto per mano da quelli che erano con me, e cosí entrai a Damasco.

12 Or un certo Anania, uomo pio secondo la legge, di cui tutti i Giudei che abitavano a Damasco rendevano buona testimonianza,

13 venne da me e, standomi vicino, mi disse: "Fratello Saulo, ricupera la vista". In quell'istante io ricuperai la vista e lo guardai.

14 Poi aggiunse: "Il Dio dei nostri padri ti ha preordinato a conoscere la sua volontà, a vedere il Giusto e a udire una voce dalla sua bocca.

15 Perché tu gli devi essere testimone presso tutti gli uomini delle cose che hai visto e udito.

16 Ed ora che aspetti? Alzati e sii battezzato e lavato dai tuoi peccati, invocando il nome del Signore".

17 Or avvenne che, quando ritornai a Gerusalemme e stavo pregando nel tempio, fui rapito in estasi,

18 e vidi il Signore che mi diceva: "Affrettati ed esci presto da Gerusalemme, perché essi non riceveranno la tua testimonianza intorno a me".

19 Allora io dissi: "Signore, loro stessi sanno che incarceravo e battevo da una sinagoga all'altra quelli che credevano in te;

20 quando si versava il sangue di Stefano, tuo martire, anch'io ero presente, acconsentivo alla sua morte e custodivo le vesti di coloro che lo uccidevano.

21 Ma egli mi disse: "Va' perché io ti manderò lontano tra i gentili?».

22 Essi lo ascoltarono fino a questo punto; poi alzarono la voce, dicendo: «Togli dal mondo un tale uomo, perché non è degno di vivere!».

23 Siccome essi gridavano, gettando via le loro vesti e lanciando polvere in aria,

24 il tribuno comandò che Paolo fosse condotto nella fortezza, ordinando di interrogarlo a colpi di flagelli al fine di sapere per quale motivo gridavano cosí contro di lui.

25 Ma, quando lo ebbero disteso con le cinghie, Paolo disse al centurione che era presente: «Vi è lecito flagellare un cittadino romano, non ancora condannato?».

26 Udito questo, il centurione andò a riferirlo al tribuno, dicendo: «Che cosa stai facendo? Quest'uomo è un cittadino romano!».

27 Il tribuno allora si recò da Paolo e gli chiese: «Dimmi, sei tu un cittadino romano?». Egli disse: «Sí, lo sono».

28 Il tribuno rispose: «Io ho acquistata questa cittadinanza mediante una grande somma di denaro». Paolo disse: «Io invece l'ho di nascita».

29 Allora quelli che lo dovevano interrogare si allontanarono subito da lui; e lo stesso tribuno, avendo saputo che egli era cittadino romano, ebbe paura perché lo aveva fatto legare.

30 Or il giorno seguente, volendo sapere con certezza il motivo per cui egli era accusato dai Giudei, lo sciolse dai legami e ordinò ai capi dei sacerdoti e a tutto il sinedrio di venire. Poi, condotto giú Paolo, lo presentò davanti a loro.

23 Paolo, fissati gli occhi sul sinedrio, disse: «Fratelli, fino a questo giorno, io mi sono comportato davanti a Dio in perfetta buona coscienza».

A questo dire il sommo sacerdote Anania ordinò a quelli che gli erano accanto di percuoterlo sulla bocca.

Allora Paolo gli disse: «Dio percuoterà te, muro imbiancato. Tu siedi per giudicarmi secondo la legge e, violando la legge, ordini che io sia percosso».

Or quelli che erano presenti dissero: «Insulti tu il sommo sacerdote di Dio?».

Paolo rispose: «Non sapevo, fratelli, che egli fosse sommo sacerdote, perché sta scritto: "Tu non dirai male del principe del tuo popolo"».

Paolo quindi, sapendo che una parte dei presenti era composta di sadducei e l'altra di farisei gridò a quelli del sinedrio: «Fratelli, io sono fariseo, figlio di farisei, è a motivo della speranza e della risurrezione dei morti che vengo giudicato».

Appena egli disse questo, nacque un dissenso fra i farisei e i sadducei, e l'assemblea si divise;

infatti i sadducei dicono che non vi è risurrezione né angelo, né spirito, mentre i farisei affermano l'una e l'altra cosa.

Si fece allora un grande clamore. Gli scribi del partito dei farisei, alzatisi, protestavano con forza e dicevano: «Noi non troviamo nulla di male in quest'uomo; e se uno spirito o un angelo gli avesse parlato? Non combattiamo contro Dio».

10 Ora siccome il dissenso andava aumentando, il tribuno, per timore che Paolo fosse fatto a pezzi da loro, ordinò ai soldati di scendere e di portarlo via dal loro mezzo, e di ricondurlo nella fortezza.

11 La notte seguente, il Signore si presentò a lui e disse: «Paolo, coraggio, perché come tu hai reso testimonianza di me in Gerusalemme, cosí bisogna che tu la renda anche a Roma».

12 Quando fu giorno, certi Giudei tramarono una congiura obbligandosi con giuramento esecratorio a non mangiare né bere, finché non avessero ucciso Paolo.

13 Erano piú di quaranta quelli che avevano fatto questa congiura.

14 Essi si presentarono ai capi dei sacerdoti e agli anziani e dissero: «Noi ci siamo impegnati con giuramento di non assaggiare alcuna cosa, finché non abbiamo ucciso Paolo.

15 Or dunque voi con il sinedrio fate una petizione al tribuno perché domani ve lo riconduca, come se voleste indagare piú a fondo sul suo caso, e noi, prima che si avvicini, saremo pronti ad ucciderlo».

16 Ma il figlio della sorella di Paolo, venuto a conoscenza dell'agguato corse alla fortezza e, entrato, lo riferí a Paolo.

17 Allora Paolo, chiamato a sé uno dei centurioni, disse: «Conduci questo giovane dal tribuno, perché ha qualcosa da comunicargli».

18 Egli dunque lo prese, lo condusse dal tribuno e disse: «Paolo, quel prigioniero, mi ha chiamato e mi ha pregato di condurti questo giovane, che ha qualcosa da dirti».

19 Allora il tribuno, presolo per mano, lo condusse in disparte e domandò: «Che cosa hai da riferirmi?».

20 Egli disse: «I Giudei si sono accordati per chiederti che domani tu conduca Paolo giú nel sinedrio, come se volessero investigare piú a fondo il suo caso.

21 Perciò tu non dar loro ascolto, perché piú di quaranta uomini di loro, stanno in agguato per prenderlo, essendosi impegnati con un voto di non mangiare né bere, finché non l'abbiano ucciso; ed ora sono pronti, aspettando che tu lo permetta loro».

22 Il tribuno dunque licenziò il giovane, ordinandogli di non palesare ad alcuno che gli avesse fatto sapere queste cose.

23 Poi, chiamati due centurioni, disse loro: «Tenete pronti fin dalle ore tre della notte duecento soldati, settanta cavalieri e duecento lancieri, per andare fino a Cesare».

24 Disse loro ancora di tenere pronte delle cavalcature per farvi montare su Paolo e condurlo sano e salvo dal governatore Felice.

25 Egli scrisse pure una lettera di questo tenore:

26 «Claudio Lisia, all'eccellentissimo governatore Felice, salute.

27 Quest'uomo era stato preso dai Giudei e stava per essere da loro ucciso, quando io sopraggiunsi con i soldati e lo liberai, avendo inteso che era cittadino romano.

28 Volendo poi sapere la colpa di cui l'accusavano, l'ho condotto nel loro sinedrio.

29 Ho cosí trovato che era accusato per questioni relative alla loro legge e che non c'era in lui alcuna colpa degna di morte né di prigione.

30 Quando poi mi fu riferito dell'agguato che i Giudei tendevano a quest'uomo, te l'ho subito mandato, ordinando pure ai suoi accusatori di esporre davanti a te le rimostranze che hanno contro di lui. Sta' bene!».

31 I soldati dunque, secondo ch'era stato loro ordinato, presero in consegna Paolo e lo condussero di notte ad Antipàdride.

32 IL giorno seguente, lasciato ai cavalieri il compito di andare con lui, ritornarono alla fortezza.

33 Quelli giunti a Cesarea e consegnata la lettera al governatore, gli presentarono anche Paolo.

34 Dopo aver letto la lettera, il governatore domandò a Paolo di quale provincia fosse; e, saputo che era della Cilicia,

35 gli disse: «Io ti ascolterò quando saranno arrivati anche i tuoi accusatori». E ordinò che fosse custodito nel palazzo di Erode.

24 Ora, cinque giorni dopo, arrivò il sommo sacerdote Anania insieme con gli anziani, e con un oratore, un certo Tertullo, essi comparvero davanti al governatore per accusare Paolo.

Quando Paolo fu chiamato, Tertullo cominciò ad accusarlo, dicendo:

«Eccellentissimo Felice, noi riconosciamo in tutto e per tutto e con profonda gratitudine che la pace che godiamo e le vantaggiose riforme attuate per questa nazione sono opera delle tue previdenti misure.

Ma per non importunarti piú a lungo, ti prego nella tua benevolenza di darci brevemente ascolto.

Noi abbiamo trovato che quest'uomo è una peste e suscita sedizioni fra tutti i Giudei che sono nel mondo, ed è capo della setta dei Nazareni.

Egli ha perfino tentato di profanare il tempio; per questo noi l'abbiamo preso e lo volevamo giudicare secondo la nostra legge.

Ma, sopraggiungendo il tribuno Lisia lo ha tolto a forza dalle nostre mani,

ordinando ai suoi accusatori di venire da te, esaminandolo, potrai tu stesso sapere da lui la verità su tutte le cose di cui l'accusiamo».

I Giudei si associarono anch'essi nelle accuse, affermando che le cose stavano cosí.

10 Allora Paolo, dopo che il governatore gli fece cenno di parlare, rispose: «Sapendo che da molti anni tu sei giudice di questa nazione, con piú coraggio parlo a mia difesa.

11 Non piú di dodici giorni fa come tu puoi verificare, io salii a Gerusalemme per adorare.

12 Or essi non mi hanno trovato nel tempio a disputare con alcuno, o a incitare la folla né nelle sinagoghe né per la città;

13 né possono provare le cose delle quali ora mi accusano.

14 Ma questo ti confesso che, secondo la Via che essi chiamano setta io servo cosí il Dio dei padri, credendo a tutte le cose che sono scritte nella legge e nei profeti,

15 avendo in Dio la speranza, che anch'essi condividono, che vi sarà una risurrezione dei morti, tanto dei giusti che degli ingiusti.

16 Per questo io mi sforzo di avere continuamente una coscienza irreprensibile davanti a Dio e davanti agli uomini.

17 Ora, dopo molti anni, io sono venuto a portare elemosine e offerte alla mia nazione.

18 Mentre facevo questo, essi mi hanno trovato purificato nel tempio, senza alcun assembramento o tumulto.

19 Ma vi erano alcuni Giudei dell'Asia che dovevano comparire davanti a te per accusarmi, se avevano qualcosa contro di me.

20 O questi stessi dicano se hanno trovato alcun misfatto in me, quando stavo davanti al sinedrio,

21 a meno che sia per questa sola parola che io gridai stando in piedi in mezzo a loro: E' a motivo della risurrezione dei morti che oggi vengo giudicato da voi.

22 Quando udí queste cose, Felice, che era ben informato sulla Via, rinviò il processo, dicendo: «Quando verrà il tribuno Lisia, prenderò in esame il vostro caso».